GioiaMia
2008-02-08 19:24:30 UTC
da: http://www2.tecnicadellascuola.it/index.php?id=21872&action=view
Nel "bagaglio professionale" dei docenti di scuola media non possono
mancare conoscenze specifiche psicopedagogiche e doti di tolleranza: è
questo il parere della Corte di Cassazione che con la sentenza n.
1988/2008 ha rigettato il ricorso di un docente della scuola media SS.
Annunziata di Firenze che si era dimesso a seguito della linea troppo
‘soft’ di colleghi e preside di fronte all’atteggiamento (anche
violento) di un suo alunno iscritto in prima.
L’insegnante non può abbandonare la propria classe solo perché in essa
sono presenti studenti ingestibili e si è in disaccordo con le strategie
educative votate dal Consiglio di Classe. E’ questo il parere della
Corte di Cassazione che con la sentenza n. 1988/2008 ha rigettato il
ricorso di un docente della scuola media SS. Annunziata di Firenze.
Il caso risale all’inizio dell’anno scolastico 1999/2000: il docente si
dimise dal servizio perché riteneva colleghi e preside troppo tolleranti
rispetto all’atteggiamento (anche violento) di un suo alunno iscritto in
prima media.
La mancanza di regole del ragazzo era giudicata invece del normale dalla
psicologa (e anche dagli altri docenti) in quanto il ragazzo fino a
cinque anni era vissuto in una favela brasiliana, in condizioni
ambientali di disagio e di abbandono.
Il gruppo di lavoro impegnato sul caso (docenti, psicologo e genitori)
era convinto che l’alunno avesse bisogno di un periodo di inserimento
nella nuova classe; ma in un solo mese e mezzo, tra la metà di settembre
e il 1 novembre (quando il docente decise di licenziarsi), l’alunno si
era reso protagonista di episodi davvero ‘pesanti’: come chiudere a
chiave la classe e gettare dalla finestra la chiave, prendere a calci e
insultare i professori, ma anche gettare barattoli di vernice durante
attività di laboratorio.
La linea "soft" prescelta non fu quindi accettata dal docente
intransigente che avrebbe preferito l’assegnazione di una altro
insegnante, una psico-pedagoga, con la quale potersi anche allontanare
dalla classe (nei momenti di maggiore disubbidienza) e svolgere attività
didattica alternativa.
Il docente dopo essersi licenziato si era rivolto al Tribunale di
Firenze per condannare l’istituto scolastico al pagamento dell’indennità
sostitutiva di preavviso, oltre alla rivalutazione monetaria ed
interessi legali.
Il Tribunale accolse la domanda, condannando la scuola al pagamento di
quasi 3 mila euro. Ma in secondo appello la Corte d'appello di Firenze,
pur prendendo atto degli episodi gravi di cui si era ‘macchiato’ il
ragazzo, riteneva che le dimissioni del docente fossero prive di giusta
causa ribaltando la sentenza di primo grado e condannando il docente a
pagare le spese del doppio grado di giudizio.
Nei giorni scorsi la sentenza definitiva, giunta ad oltre otto anni dai
fatti: la Suprema Corte ha confermato il secondo giudizio rigettando il
ricorso del docente e ammettendo che quella "classe di prima media ove
confluivano 25-30 alunni di 10-11 anni con alle spalle percorsi
scolastici nella scuola ‘elementare’ assai disomogenei, fosse davvero un
‘coacervo’ di pulsioni pre-adolescenziali che certamente metteva a dura
prova, da un punto di vista disciplinare prima ancora che pedagogico, il
corpo insegnante".
Ma secondo la Cassazione nel "bagaglio professionale" dei docenti di
scuola media, in particolare del primo anno, non possono mancare
conoscenze specifiche psicopedagogiche e doti di tolleranza: è loro
compito, infatti, far conoscere agli alunni non solo i contenuti dei
programmi ministeriali, ma anche le modalità comportamentali e
relazionali. Modalità che non possono essere certo apprese isolando
l’allievo o collocandolo in un'altra aula.
"A questi ‘problemi fisiologici’ - spiega sempre la Corte di Cassazione
- si aggiungevano, poi, quelli ulteriori che i ‘casi di alunni
difficili’. Il ‘caso’ del giovane, peraltro venne comunque discusso in
collegio dei docenti, con l'intervento di una psicologa, che invitò i
docenti ‘a porsi come obiettivo per il ragazzo di riuscire a tenerlo in
classe il più possibile in modo corretto, altrimenti allontanarlo per
educarlo al rispetto delle regole’, escludendo l'opportunità prospettata
dal C. e da altro docente, di inserimento di una psico-pedagoga,
potendo, a suo giudizio, una nuova figura educativa, disorientare
ulteriormente il ragazzo".
I giudici di terzo grado concludono quindi che "la Corte fiorentina ha
coerentemente ritenuto che l'istituto scolastico abbia gestito il ‘caso
difficile’ dell'alunno M.E. in termini di flessibile ragionevolezza e
con risultati complessivamente apprezzabili”.
Nella decisione della Cassazione deve aver pesato non poco anche il
fatto che l’alunno ‘difficile’ nel corso dei mesi ha mostrato sensibili
miglioramenti, sopratuttto dal punto di vista comportamentale,
confermando quindi come la linea della tolleranza “avesse dato buoni
frutti, andando la condotta del giovane gradualmente migliorando, tanto
che, a fine anno, la sua perdurante ‘vivacità’ non era dissimile da
quella di altri compagni di classe”.
Miglioramenti che però pochi mesi prima non tutti i docenti pensavano
potessero realizzarsi.
08/02/2008
Nel "bagaglio professionale" dei docenti di scuola media non possono
mancare conoscenze specifiche psicopedagogiche e doti di tolleranza: è
questo il parere della Corte di Cassazione che con la sentenza n.
1988/2008 ha rigettato il ricorso di un docente della scuola media SS.
Annunziata di Firenze che si era dimesso a seguito della linea troppo
‘soft’ di colleghi e preside di fronte all’atteggiamento (anche
violento) di un suo alunno iscritto in prima.
L’insegnante non può abbandonare la propria classe solo perché in essa
sono presenti studenti ingestibili e si è in disaccordo con le strategie
educative votate dal Consiglio di Classe. E’ questo il parere della
Corte di Cassazione che con la sentenza n. 1988/2008 ha rigettato il
ricorso di un docente della scuola media SS. Annunziata di Firenze.
Il caso risale all’inizio dell’anno scolastico 1999/2000: il docente si
dimise dal servizio perché riteneva colleghi e preside troppo tolleranti
rispetto all’atteggiamento (anche violento) di un suo alunno iscritto in
prima media.
La mancanza di regole del ragazzo era giudicata invece del normale dalla
psicologa (e anche dagli altri docenti) in quanto il ragazzo fino a
cinque anni era vissuto in una favela brasiliana, in condizioni
ambientali di disagio e di abbandono.
Il gruppo di lavoro impegnato sul caso (docenti, psicologo e genitori)
era convinto che l’alunno avesse bisogno di un periodo di inserimento
nella nuova classe; ma in un solo mese e mezzo, tra la metà di settembre
e il 1 novembre (quando il docente decise di licenziarsi), l’alunno si
era reso protagonista di episodi davvero ‘pesanti’: come chiudere a
chiave la classe e gettare dalla finestra la chiave, prendere a calci e
insultare i professori, ma anche gettare barattoli di vernice durante
attività di laboratorio.
La linea "soft" prescelta non fu quindi accettata dal docente
intransigente che avrebbe preferito l’assegnazione di una altro
insegnante, una psico-pedagoga, con la quale potersi anche allontanare
dalla classe (nei momenti di maggiore disubbidienza) e svolgere attività
didattica alternativa.
Il docente dopo essersi licenziato si era rivolto al Tribunale di
Firenze per condannare l’istituto scolastico al pagamento dell’indennità
sostitutiva di preavviso, oltre alla rivalutazione monetaria ed
interessi legali.
Il Tribunale accolse la domanda, condannando la scuola al pagamento di
quasi 3 mila euro. Ma in secondo appello la Corte d'appello di Firenze,
pur prendendo atto degli episodi gravi di cui si era ‘macchiato’ il
ragazzo, riteneva che le dimissioni del docente fossero prive di giusta
causa ribaltando la sentenza di primo grado e condannando il docente a
pagare le spese del doppio grado di giudizio.
Nei giorni scorsi la sentenza definitiva, giunta ad oltre otto anni dai
fatti: la Suprema Corte ha confermato il secondo giudizio rigettando il
ricorso del docente e ammettendo che quella "classe di prima media ove
confluivano 25-30 alunni di 10-11 anni con alle spalle percorsi
scolastici nella scuola ‘elementare’ assai disomogenei, fosse davvero un
‘coacervo’ di pulsioni pre-adolescenziali che certamente metteva a dura
prova, da un punto di vista disciplinare prima ancora che pedagogico, il
corpo insegnante".
Ma secondo la Cassazione nel "bagaglio professionale" dei docenti di
scuola media, in particolare del primo anno, non possono mancare
conoscenze specifiche psicopedagogiche e doti di tolleranza: è loro
compito, infatti, far conoscere agli alunni non solo i contenuti dei
programmi ministeriali, ma anche le modalità comportamentali e
relazionali. Modalità che non possono essere certo apprese isolando
l’allievo o collocandolo in un'altra aula.
"A questi ‘problemi fisiologici’ - spiega sempre la Corte di Cassazione
- si aggiungevano, poi, quelli ulteriori che i ‘casi di alunni
difficili’. Il ‘caso’ del giovane, peraltro venne comunque discusso in
collegio dei docenti, con l'intervento di una psicologa, che invitò i
docenti ‘a porsi come obiettivo per il ragazzo di riuscire a tenerlo in
classe il più possibile in modo corretto, altrimenti allontanarlo per
educarlo al rispetto delle regole’, escludendo l'opportunità prospettata
dal C. e da altro docente, di inserimento di una psico-pedagoga,
potendo, a suo giudizio, una nuova figura educativa, disorientare
ulteriormente il ragazzo".
I giudici di terzo grado concludono quindi che "la Corte fiorentina ha
coerentemente ritenuto che l'istituto scolastico abbia gestito il ‘caso
difficile’ dell'alunno M.E. in termini di flessibile ragionevolezza e
con risultati complessivamente apprezzabili”.
Nella decisione della Cassazione deve aver pesato non poco anche il
fatto che l’alunno ‘difficile’ nel corso dei mesi ha mostrato sensibili
miglioramenti, sopratuttto dal punto di vista comportamentale,
confermando quindi come la linea della tolleranza “avesse dato buoni
frutti, andando la condotta del giovane gradualmente migliorando, tanto
che, a fine anno, la sua perdurante ‘vivacità’ non era dissimile da
quella di altri compagni di classe”.
Miglioramenti che però pochi mesi prima non tutti i docenti pensavano
potessero realizzarsi.
08/02/2008